Disturbo Bipolare e fumo di sigaretta

Disturbo Bipolare e fumo di sigaretta

Ricevo e volentieri pubblico il lavoro dell’amico e collega Claudio Cargioli sulla complessa interconnessione tra disturbi dell’umore e fumo di sigaretta. Il tema è ampiamente dibattuto e ci auguriamo che questo lavoro possa essere il primo di una lunga serie:

Disturbo Bipolare e fumo di sigaretta

Finora solo pochi studi hanno esaminato la relazione tra il fumo di sigaretta e le caratteristiche del Disturbo Bipolare (DB). Spesso i pazienti affetti da disturbo bipolare presentano diversi fattori di rischio per malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, come ad esempio un’alimentazione irregolare, una vita sedentaria, una condizione di obesità. A queste condizioni si possono quindi aggiungere gli effetti dannosi del fumo di sigaretta.

Per spiegare l’elevata prevalenza del fumo di sigaretta nei pazienti con DB è stata ipotizzata l’esistenza di meccanismi genetici, biologici e psicosociali in comune. Secondo recenti studi, ad esempio, sia nel DB che nella dipendenza da nicotina sembrano coinvolti i sistemi dopaminergico, serotoninergico e noradrenergico. Va anche ricordato che la nicotina può stimolare il rilascio di neurotrasmettitori che migliorano il tono dell’umore e inducono effetti temporaneamente piacevoli, suggerendo così un possibile ruolo della nicotina nell’automedicazione.
Alcune ricerche mettono in evidenza che nei fumatori potrebbe esistere una maggiore probabilità di abusare di sostanze psicoattive rispetto ai non fumatori, ma questa correlazione non è specifica per i pazienti affetti da DB ed è riscontrabile anche nella popolazione generale.

Il problema della comorbidità tra DB e tabagismo merita una particolare attenzione poiché nei pazienti con diagnosi di DB il consumo di tabacco è associato ad una peggior prognosi, una maggior gravità dei sintomi maniacali e depressivi, un decorso a cicli rapidi, una maggior probabilità di commettere tentativi di suicidio, una ridotta risposta alla terapia psicofarmacologica.
In questo tipo di pazienti si possono incontrare difficoltà sia nel trattamento del disturbo dell’umore che nel trattamento del tabagismo. Infatti, da un lato alcuni farmaci possono alterare il metabolismo della nicotina, dall’altro nei fumatori può essere necessario un aumento anche del 50% della posologia degli psicofarmaci per ottenere un beneficio clinico apprezzabile. In altre parole, la nicotina può modificare l’efficacia di alcuni trattamenti impiegati nel DB: ad esempio, la nicotina può attivare il sistema nervoso simpatico riducendo così gli effetti ansiolitici delle benzodiazepine.
Pertanto, occorre sempre tenere in considerazione il fumo di sigaretta quando si prescrivono i trattamenti psicofarmacologici, adeguando i dosaggi in modo opportuno.

Dato che le malattie mediche correlate al fumo di sigaretta rappresentano un’importante causa di morbidità e di mortalità nei pazienti affetti da DB, lo sviluppo di trattamenti sicuri ed efficaci in questi pazienti è cruciale.
La cessazione del fumo è tanto auspicabile quanto difficile nei pazienti affetti da DB, soprattutto nelle fasi di non completa stabilità clinica, oppure se sono presenti in comorbidità l’uso di alcol o di altre sostanze. Inoltre, un limitato supporto sociale rende l’obiettivo ancora più difficoltoso.
I trattamenti per ottenere la sospensione del fumo possono prevedere sia interventi comportamentali sia farmacologici (terapia sostitutiva a base di nicotina, bupropione, vareniclina), anche se al momento non sono stati pubblicati risultati di trials controllati sulla sospensione del fumo in pazienti con DB.
Finora è stata posta una scarsa attenzione al tabagismo nei pazienti con DB, nonostanze la sua rilevanza possa essere paragonabile a quella dell’alcol e di altre sostanze psicoattive.
La letteratura fornisce pochi dati sulla reale prevalenza del tabagismo nel DB; inoltre, gli studi non sono riusciti a evidenziare una relazione tra il fumo di sigaretta e le caratteristiche sociodemografiche e cliniche del DB, come ad esempio la gravità di malattia, l’età d’insorgenza, eventuali comorbidità psichiatriche, la risposta al trattamento.
In ogni caso, nella pratica clinica quotidiana dovrebbero essere offerti dei consigli e un adeguato supporto per aiutare i pazienti nella sospensione del fumo.

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Autore: Dr. Claudio Cargioli
Medico Psichiatra
Dottore di Ricerca in Neuroscienze e Scienze Endocrinometaboliche
Clinica Psichiatrica – Università di Pisa
Mail: claudiocargioli@gmail.com

 

Bibliografia essenziale:

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