Durante i trattamenti antidepressivi il rischio di indurre o slatentizzare un disturbo bipolare è una delle principali preoccupazioni dello psichiatra.
Dal punto di vista dell’osservazione clinica trasversale (cioè la valutazione dei sintomi presentati al momento della visita e non il decorso precedente e la storia familiare) le depressioni unipolari (cioè i disturbi caratterizzati eslusivamente da fasi depressive) e le depressioni bipolari (cioè i disturbi caratterizzati da fasi depressive alternate a fasi di eccitamento maniacale) sono tutt’altro che facili da distinguere.
Esiste una ricchissima documentazione riguardo alle procedure per una corretta diagnosi di depressione bipolare la cui esposizione richiederebbe una trattazione estesa ed a se stante.
Il punto che ci interessa a tal proposito è semplicemente mettere in evidenza il rischio che si corre, prescrivendo una qualunque terapia antidepressiva, di gettare benzina sul fuoco di una depressione bipolare non riconosciuta trasformando la fase depressiva di un paziente in una fase eccitativa e quindi rendendone ancora più difficile la stabilizzazione e ne peggiorandone il decorso complessivo.
Il viraggio del tono dell’umore verso l’euforia, l’eccitamento, la rabbia o l’agitazione può essere infatti indotto da trattamenti antidepressivi aggressivi in soggetti predisposti.
La valutazione della familiarità, del decorso longitudinale del disturbo e delle caratteristiche temperamentali e di personalità del paziente permettono allo psichiatra (eventualmente con l’ausilio di apposite scale di valutazione) di identificare i soggetti a rischio. Tali pazienti possono comunque essere trattati anche se con particolare cautela.
Diventa quindi fondamentale ridurre al minimo tale rischio.
A tale proposito la condizione ideale è quella in cui può essere effettuata almeno una consulenza specialistica psichiatrica. Nelle circostanze ove questo non sia possibile possono essere d’aiuto la somministrazione di scale specifiche di valutazione per la diagnosi di forme bipolari di depressione (es. SCI-MOODS, SCID, etc) e soprattutto diventa essenziale l’utilizzo di farmaci con basso rischio di induzione di viraggi maniacali.
I dati della letteratura scientifica non sono univoci al riguardo ma sembra che l’inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina paroxetina e l’antidepressivo triciclico trimipramina abbiano dimostrato un discreto margine di sicurezza in questo senso.
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