Sia la depressione che l’insonnia sono fenomeni tutt’altro che rari. La depressione colpisce un adulto su sette durante il corso della vita ed interessa mediamente un adulto su venti nella popolazione generale europea e statunitense. Circa un terzo della popolazione generale adulta riferisce di avere difficoltà ad iniziare o mantenere il sonno, e dal 9 al 15% degli adulti riferiscono di avere un sonno talmente disturbato da riportarne delle conseguenze negative durante l’ attività diurna. L’associazione tra la depressione e l’insonnia è stata costantemente osservata nei lavori sull’argomento, ma siamo ben lontani dall’avere chiarito il motivo e le eventuali implicazioni della alta frequenza con cui tali fenomeni si accompagnano. Sappiamo che gli individui che soffrono di insonnia hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia depressiva e sappiamo che gli individui affetti da depressione maggiore presentano insonnia fino all’80% dei casi. Un altro elemento consolidato è che gli individui che continuano a presentare insonnia al termine di una depressione hanno un rischio più alto di presentare delle ricadute depressive. Da questo punto in poi le certezze finiscono: non sappiamo ancora quale specifico tipo di insonnia colpisca gli individui con depressione e non conosciamo ne’ le cause ne’ il significato delle compresenza di insonnia e depressione. Dal momento che la depressione è il risultato della complessa interazione tra vulnerabilità genetiche, fattori acquisiti di tipo psicologico, fisiopatologico ed ambientale possiamo senz’altro ipotizzare che il sonno sia parte dell’equazione. I lavori che hanno tentato di investigare i correlati biologici della depressione maggiore riportano a tale proposito un dato particolarmente interessante : l’ormone melatonina (coinvolto nella regolazione fisiologica del sonno) durante le ore notturne ha livelli ematici più bassi nei pazienti con depressione rispetto ad individui non affetti dalla malattia. Questo fenomeno (assieme ad altri dati) ha contribuito a rafforzare l’ipotesi che il trattamento con melatonina esogena o con farmaci ad azione agonista sulla melatonina potessero essere efficaci nel trattamento della depressione. Oltre alla sua azione nelle funzioni dipendenti dalla luce (come la regolazione del ritmo sonno veglia) la melatonina ha importanti effetti modulatori a livello endocrino, immunitario e sul metabolismo umano. Data la sua scarsa biodisponibilità la ricerca ha messo a punto un suo analogo con azione agonista (ovvero attivante) sui medesimi recettori, con un effetto estremamente selettivo e limitato al sistema melatoninergico e con maggiore biodisponibilità: l’agomelatina. Tale farmaco è stato appena messo in commercio nel nostro paese (nomi commerciali: Valdoxan, Thymanax) come antidepressivo con proprietà di regolarizzazione del sonno. Data la recente commercializzazione del farmaco sono premature le conclusioni tuttavia, se i dati della ricerca al momento disponibili venissero confermati dall’esperienza clinica, avremmo a disposizione un nuovo farmaco con proprietà specifiche per coloro che soffrono di depressione complicata da insonnia.
bibliografia essenziale:
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Quindi il nuovo farmaco è già disponibile? Ci sono novità per quanto riguarda la sua efficacia?
Si, l’agomelatina è disponibile in commercio dal 13 settembre ultimo scorso con i nomi commerciali Valdoxan oppure Thymanax e le schede tecniche del farmaco sono consultabili online sui normali siti dedicati (ad esempio http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Thymanax.asp). Per quanto riguarda i dati di efficacia i risultati degli studi clinici sono ottimi, ma è necessaria l’abituale prudenza quando si tratta di passare dagli studi farmacologici alla pratica clinica.
La ringrazio…conosce qualcuno che ha avuto modo di provare questi farmaci?
Senz’altro si ed i risultati delle prime prescrizioni non sono male, tuttavia un minimo di cautela è d’obbligo prima di pronunciarsi in termini definitivi
Immagino…le faccio una domanda magari un po’ stupida: l’obiettivo del farmaco è aumentare i benefici o ridurre gli effetti collaterali?
Grazie
Chiara
Domanda interessante invece: è chiaro che l’obiettivo ideale per un farmaco sarebbe quello di ottenere entrambe le cose, ma dal punto di vista del paziente la tollerabilità è giustamente una priorità assoluta. Non è pensabile di ottenere un buon risultato in termini di efficacia e poi chiedere al paziente di continuare con una terapia di mantenimento a prezzo di importanti effetti indesiderati che ne limitano il normale adattamento.
Assolutamente d’accordo…ma perchè il farmaco è stato inserito in fascia C?
Mi sono accorta di averle risposto con l’account di chi ha scritto prima di me in questo internet point (che non si era scollegato)…
Dicevo..sono d’accordo con quanto ha detto…ma perchè il farmaco è stato inserito in fascia C?
Temo che questo andrebbe chiesto all’azienda ed all’agenzia italiana del farmaco.. possiamo soltanto ipotizzare che non vi sia stato un accordo sul prezzo e conseguentemente sia saltata la commercializzazione in fascia A (e quindi la rimborsabilità per il paziente)
Ma in Italia posso trovare sia il Valdoxan sia il Thymanax?
In Italia viene commercializzato in fascia “C” , per cui può essere prescritto dal medico su ricetta bianca e quindi acquistato in farmacia
Grazie. Per quanto riguarda la durata dell’assunzione ci sono cambiamenti? Intendo dire, per quanto tempo va assunto il Thymanax per notare i primi effetti?
Vi sarebbero elementi indicativi di una minore latenza di effetto rispetto ad altri antidepressivi e quindi di un tempo più breve tra l’inizio della terapia e l’inizio dell’effetto terapeutico, ma credo che sia comunque opportuna una attesa di circa due settimane. Ricordo che durante tale periodo è particolarmente importante il monitoraggio da parte del medico specialista
Dottore, è vero che dopo la scomparsa dei sintomi bisogna continuare ad assumere il farmaco per almeno altri 6 mesi?
Si, in effetti la prevenzione delle ricadute è importantissima e questo richiede tempi prolungati.. quando si tratta di disturbi dell’umore la prudenza è d’obbligo
caspita…speravo in una risposta diversa… 😉 ma meglio avere un trattamento anche lungo che dia risultati piuttosto che uno breve senza esito no? 🙂
sono molto frequenti le ricadute? da cosa sono causate?
grazie
Non abbiamo dati sulle cause dei disturbi depressivi ma piuttosto sul loro decorso
però un farmaco antidepressivo non può dare dipendenza giusto?
tecnicamente esatto anche se ormai le molecole ad azione antidepressiva comprendono farmaci con meccanismi d’azione molto diversi tra loro, come riportato in
https://www.neurofarmacologia.net/2010/02/25/antidepressivi-ed-aumento-di-peso/
beh meglio la dipendenza da un farmaco che funziona, piuttosto che essere costretti a sospenderne un altro che non da effetti…con tutto quello che comporta la sospensione…che ne dice dottore?
Per fortuna con i farmaci che abbiamo oggi a disposizione questo problema non si pone, in quanto è possibile risolvere il problema depressione senza avere dipendenza
Volevo chiederLe cosa ne pensa dell’associazione bupropione 150 mg con 150 mg di fluvoxamina.Mi e’ stata prescritta ma io di fluvoxamina ne assumo 50 mg per paura di interazioni visto che ho notato che la fluvoxamina non e’ indicata per le associazioni con altri farmaci.L’agomelatina puo’ essere efficace nella depressione ansiosa?
Grazie
Il problema dell’associazione di fluvoxamina è legato alla sua metabolizzazione da parte di enzimi epatici coinvolti nel metabolismo di altri farmaci che possono alterarne i livelli ematici, ma tale caratteristica è nota e da parte di un clinico esperto può anche essere sfruttata positivamente.. Riguardo all’associazione di cui mi chiede bisognerebbe capire bene il razionale per cui è stata fatta. Per quanto riguarda l’agomelatina questa potrebbe essere una ottima scelta per una depressione in comorbidità con ansia (ovviamente è sempre necessario analizzare il caso specifico).