Agomelatina, un nuovo antidepressivo

Agomelatina, un nuovo antidepressivo

La melatonina, una sostanza normalmente prodotta dalla nostra ghiandola pineale, agisce nel nostro corpo come una sorta di sincronizzatore dei ritmi biologici e la sua secrezione è strettamente correlata con l’alternanza del giorno e della notte e delle stagioni. Le capacità della melatonina di regolarizzare il ritmo sonno veglia e di agire sul tono dell’umore è stata oggetto di interesse crescente nel tentativo di identificare molecole ad azione antidepressiva con un profilo di tollerabilità sempre migliore.
Il trattamento con farmaci antidepressivi aumenta i livelli di melatonina riflettendo un’azione facilitante del neuro-mediatore noradrenalina a livello della ghiandola pineale (Borjigin et al 1999), Szymanska et al 2001). L’agomelatina è una molecola di ultima generazione con la capacità di legarsi agli stessi recettori della melatonina (MT1 ed MT2), modulare i ritmi circadiani ed esercitare un effetto antidepressivo in alcuni modelli animali di depressione.

Questa sostanza ha anche la capacità di legarsi ad alcuni recettori per la serotonina (5HT2C) che sono strettamente coinvolti nella fisiopatologia della depressione e nel suo trattamento. Il legame con questi recettori sarebbe responsabile, in ultima analisi, dell’aumento nei livelli extracellulari di noradrenalina (NA) e dopamina (DA) nella corteccia frontale in modelli animali.
I livelli di DA e NA nella corteccia frontale modulano i processi attentivi e cognitivi, la performance, il tono dell’umore ed in parte il movimento. Tali funzioni, profondamente compromesse nei disturbi depressivi, verrebbero selettivamente migliorate durante il trattamento con agomelatina. A partire da queste considerazioni agomelatina è stata quindi testata in studi farmacologici nell’uomo alla dose di 25 e 50 milligrammi al giorno dimostrando buone capacità antidepressive sia rispetto al placebo, sia in comparazione con altri farmaci antidepressivi di provata efficacia. D’altra parte il peculiare profilo recettoriale del farmaco (il primo con questo profilo di azione) e la sua selettività (non si lega ad altri recettori oltre a quelli sopramenzionati) sembrerebbero indicare una mancanza degli effetti collaterali che contraddistinguono anche i più selettivi tra gli antidepressivi.
Tra gli studi clinici effettuati fino a questo momento tre lavori dimostrano una efficacia significativamente maggiore rispetto al placebo con un ordine di grandezza dell’effetto simile a quello degli altri antidepressivi.
Inoltre altri studi di confronto con farmaci ad azione antidepressiva (sertralina, venlafaxina, escitalopram e fluoxetina) hanno dimostrato una efficacia paragonabile ed indipendente dai livelli di gravità della malattia depressiva. Negli stessi studi l’aspetto più promettente sarebbe l’efficacia su sintomi quali i disturbi del sonno e la riduzione dei livelli di vigilanza durante il giorno che non rientrerebbeo invece nello spettro d’azione degli altri farmaci antidepressivi. L’altro aspetto rilevante sarebbe la buona tollerabilità del farmaco legata alla sua estrema selettvità di azione e quindi alla mancanza di affinità per i recettori colinergici, istaminergici o altri tipi di recettori coinvolti nel potenziale sviluppo degli effetti indesiderati durante il trattamento.
La commercializzazione del farmaco non è ancora avvenuta nel nostro paese ed è doveroso ricordare la necessità di essere cauti nell’applicare alla pratica clinica i risultati degli studi di ricerca. Successivamente alla commercializzazione del farmaco ed all’utilizzo clinico sarà o meno possibile confermare quelli che al momento sono i dati estremamente promettenti al riguardo.
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