Inibitori della ricaptazione della serotonina e condotte suicidarie

Inibitori della ricaptazione della serotonina e condotte suicidarie

Esistono una varietà di studi aneddotici che negli ultimi anni hanno sollevato la questione sulla possibilità che il trattamento con inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRIs ) (i.e. paroxetina, sertralina, citalopram, escitalopram, fluoxetina, fluvoxamina) potesse indurre comportamenti suicidari.
Al di la delle varie ipotesi possibili e delle difficoltà metodologiche connesse con lo studio del comportamento suicidario in una popolazione di pazienti con depressione (che per definizione sono più esposti al rischio suicidario rispetto alla popolazione generale) è stato recentemente pubblicato una revisione della letteratura che permette finalmente di stabilire alcuni punti fermi sulla questione:
– Gli studi effettuati finora NON hanno dimostrato alcun aumento del rischio suicidario durante il trattamento con SSRIs sia se paragonato a placebo, sia se paragonato ad altri farmaci di riferimento
– Esistono dati non conclusivi riguardanti l’SSRI paroxetina
– Esiste un rischio maggiore di suicidio in pazienti bambini o adolescenti affetti da depressione rispetto agli adulti, ma tale rischio non è specificamente aumentato dagli ssris.
– I punteggi medi alle scale di valutazione che misurano l’ideazione suicidaria, si riducono durante il trattamento con SSRIs in tutti i campioni analizzati
– Nell’analisi dei dati di tutti gli studi effettuati dalle autorità internazionali di studio e vigilanza sui farmaci i suicidi a termine ed i tentativi di suicidio effettuati non differivano tra i pazienti trattati con SSRIs, con placebo o con altri farmaci antidepressivi
– Nelle analisi effettuate successivamente alla pubblicazione degli studi nessuno degli autori ha potuto rilevare alcuna prova che gli SSRIs possano aumentare il rischio suicidario.
Un’analisi è stata recentemente effettuata su questo argomento da una task force speciale della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti per studiare il rapporto tra suicidalità negli adulti e trattamenti antidepressivi. I numeri ricavati per questo lavoro sono impressionanti comprendendo i più vasti databases di studi controllati sull’uso di farmaci psicotropi con varie indicazioni. Il risultato è stato l’inclusione di oltre 372 studi per un totale di 15,505 soggetti l’anno.
I risultati indicavano chiaramente che il rischio di suicidio NON aumentava con il trattamento antidepressivo ed i tentativi di analizzare le differenze tra i vari trattamenti antidepressivi NON avevano prodotto dati statisticamente significativi.
Le conclusioni sopra riportate permettono alcune considerazioni:
In estrema sintesi gli studi farmacoepidemiologici più raffinati non hanno evidenziato alcun aumento del rischio suicidario durante trattamento con antidepressivi in generale e con SSRIs in particolare, ma anzi hanno dimostrato il contrario rilevando una riduzione del rischio suicidario grazie all’uso di SSRIs e altri antidepressivi.
Le considerazioni su “..farmaci per la depressione che fanno commettere il suicidio ai pazienti sono da considerarsi prive di alcuna evidente base scientifica. Le proposte di limitare la commercializzazione di SSRIs nei pazienti più giovani senza al alcuna dimostrazione del rischio (quando farmaci con pericolosissimi quanto documentati effetti collaterali vengono commercializzati senza alcuna limitazione) sembra legata a considerazioni di carattere più economico (gli SSRIs funzionano ma costano) e politico (limitare i farmaci psicoattivi fa sempre buona impressione) più che medico e scientifico.
Questo non significa che si debba in qualche modo abbassare la guardia quando ci troviamo a dover trattare un paziente depresso con SSRIs o con qualsiasi altro farmaco.
I pazienti affetti da depressione presentano un significativo rischio di mettere in atto comportamenti suicidari e pertanto medici e familiari devono tenere ben presente la necessità di uno stretto monitoraggio del paziente.
Il farmaco non sostituisce in nessun modo il buon senso e l’attenta osservazione che dovrebbero essere i pilastri della buona pratica clinica in un paziente depresso che inizia un trattamento neurofarmacologico.

Bibliografia essenziale:

Moller et al “Do antidepressants in general increase suicidality?” Eur Arch Cli Neurosi (2008) 258 (suppl 3) : 3-23

Stone & Jones “Relationship between antidepressant drug and suicide in adults (2006) www.fda.gov/OHRMS/DOCKETS/AC/06/briefing/2006-4272b1-01-FDA.pdf

Hammad et al “Suicidality in pediatric patients treated with antidepressant drugs” Arch Gen Psychiatry 63:332-339

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